🦁 Sotto il segno dei Leoni - ... e delle leonesse!
La newsletter di Un Safari in Città - Numero Due - Febbraio 2023
Roar!
Stai leggendo il secondo numero della newsletter di Un Safari in Città. Prepara le valigie perché oggi ti porto al nord.
Quando Un Safari in Città è stato pubblicato, nel 2018, era l’anno di Palermo Capitale Italiana della Cultura: un anno pieno di eventi e cambiamenti, che ha segnato un modo nuovo in cui anche i palermitani hanno iniziato a guardare alla propria città.
Quest’anno le capitali italiane della cultura sono due ed entrambe hanno in comune con Palermo molti riferimenti ai leoni.
Brescia, la leonessa d’Italia
Milano, Bergamo, Brescia, Como, Cremona… te le ricordi ancora le province della Lombardia?
Brescia, sì, la Leonessa d’Italia! Ma perché si chiama così? L’appellativo allude chiaramente al coraggio dei suoi abitanti, in particolare alle gesta valorose dei cittadini bresciani contro gli occupanti austriaci durante le Dieci giornate di Brescia nel Risorgimento.
Ma già nel 1438 la città era stata proclamata dal Senato veneto “Leonessa e degna sposa del leone” (“Brixia Fidelis fidei et Iustitiae” troviamo scritto sul fronte del Palazzo della Loggia) per la fedeltà dimostrata alla Repubblica Veneta.
Nell’Ottocento, almeno due poeti contribuirono all’identificazione di Brescia con la Leonessa. Il primo fu Aleardo Aleardi nei Canti Patrii del 1857:
“D’un de’ tuoi monti fertili di spade,
Niobe guerriera de le mie contrade,
Leonessa d’Italia,
Brescia grande e infelice”
Il secondo (e decisamente più celebre) fu Giosue Carducci nell’ode Alla Vittoria:
«Lieta del fato Brescia raccolsemi,
Brescia la forte, Brescia la ferrea,
Brescia leonessa d’Italia
beverata nel sangue nemico.»(Giosue Carducci, Alla Vittoria, vv.37-40, 14 – 16 maggio 1877, Odi Barbare)
A questo punto ci si aspetterebbe una leonessa nello stemma della città… e invece no! C’è un leone azzurro. Addirittura ai tempi di Napoleone questo stemma fu sostituito (per poco tempo) con quello rappresentante un altro felino, un leopardo rosso “illeonito”. Insomma, siamo lì.
(A proposito, da poco si è chiusa a Brescia una mostra intitolata proprio La città del Leone 🦁 )
Qui trovi un sito con tante immagini di leoni in giro per Brescia ;) e qui le fonti delle poesie di Aleardi e Carducci.
Bergamo e il mito di Atalanta
E a Bergamo? Beh, sì, Bergamo era parte della repubblica veneziana, quindi il Leone di San Marco è uno dei simboli della città. Proprio il leone alato è stato scelto per la presentazione del Progetto UNESCO.
I leoni di cui voglio parlarti sono legati al mito di Atalanta, la forte e indomita ragazza che dà il nome alla squadra locale: l’Atalanta Bergamasca Calcio fu fondata nel 1907 e ha come stemma proprio la ninfa greca (erroneamente identificata come “la Dea”).
Ma cosa c’entra Atalanta con i leoni?
La sua storia è raccontata nelle Metamorfosi di Ovidio e inizia un po’ come quella di Lady Oscar: suo papà, il re dell’Arcadia, voleva un maschietto, ma ahimè era nata lei e quindi l’affettuoso paparino l’abbandonò ai piedi di una montagna. Per fortuna la bimba venne trovata da…
… da un leone!, dirai - no, aspetta un attimo che la storia è lunga.
Atalanta venne trovata da un’orsa che si prese cura di lei finché non fu adottata da un cacciatore. Cresciuta così, amante dell’aria aperta e abituata a vivere immersa nella natura selvaggia, la fanciulla, atletica e coraggiosa, non poteva che consacrarsi ad Artemide/Diana, dea della caccia e della Luna, il che voleva dire che non si sarebbe mai sposata, anche perché un oracolo le aveva predetto che se mai si fosse sposata avrebbe subito una trasformazione.
Atalanta in effetti aveva di meglio da fare: per esempio partecipare alla spedizione degli Argonauti e si distinse nella caccia al Cinghiale Calidonio, salvando i suoi compagni da morte certa. Di lei ovviamente si innamorano tutti, in particolare il compagno di avventure Meleagro, che la difende dall’invidia degli altri e le dona la pelle del famoso Cinghiale.
(E qui si scopre che il problema dei cinghiali ci affligge da millenni!).
La sua fama intenerì alla fine il padre che la riaccolse in casa e dopo un po’ le chiese di trovarsi un marito. “Manco per sogno”, pensò Atalanta, ma per farsi vedere collaborativa propose di sfidare i suoi pretendenti a una gara di corsa. Sapeva di essere imbattibile e chi avesse perso la gara avrebbe perso anche la vita.
E qui viene l’episodio più noto che riguarda la nostra eroina: nessuno riuscì a batterla tranne un certo Melanione (o secondo altri Ippomene), nipote di Nettuno: dal primo momento in cui l’aveva vista… eccetera eccetera. Melanione/Ippomene chiese un aiutino alla dea Afrodite. La dea gli fornì tre mele d’oro del Giardino delle Esperidi, sicura che Atalanta - che era pur sempre una donna - si sarebbe lasciata distrarre per raccogliere. Ed ecco che con questo stratagemma il nipotino di Poseidone riesce a vincere la gara (e a salvarsi la pelle). Atalanta ci rimase un po’ male, ma siccome in realtà anche lei dal primo momento in cui l’aveva visto… eccetera eccetera, insomma, anche lei era molto contenta di aver perso la gara e guadagnato un marito.
La storia fino a questo punto è raccontata anche dal sempremitico Gianni Rodari (in un delizioso libretto con le immagini di Lele Luzzati) ed è, come tutti i classici, attualissima. (Il libro di Rodari racconta anche tanti altri miti nel frattempo e lo riprenderò per parlare di altri leoni famosi 🦁).
Sì, vabbè, ma i leoni?
Però come sempre la mitologia greca abbonda di umani ingrati e di dee vendicative: Afrodite/Venere — continua Ovidio — ci rimase male perché il giovanotto era talmente innamorato che si era dimenticato di ringraziarla. La vendetta è un piatto che va servito caldo, dovette pensare la dea, e punì i due giovani amanti rendendoli talmente focosi e appassionati che i due non si accorsero neanche di trovarsi niente meno che nel tempio sacro di Cibele.
Una bella storia per San Valentino? Ehm, non esattamente…
Cibele (una delle tante rappresentazioni della Grande Dea Madre, legata alla natura nel suo duplice aspetto, vivificante e distruttivo) si arrabbiò talmente per questa profanazione che decise di trasformare i due amanti in una coppia di leoni, perché secondo la leggenda questi animali non si accoppiavano mai.
Ecco perché nelle rappresentazioni antiche e moderne della dea Cibele non mancano mai i due leoni che trainano il cocchio: i due leoni sono appunto i nostri Atalanta e Melanione/Ippomene.
Che ne dici? Questo racconto di Ovidio contiene tantissimi spunti (interessante è anche il personaggio di Altea, la madre di Meleagro, che preferisce uccidere il figlio pur di non vederlo sposato ad Atalanta!) e merita una rilettura più attenta, adatta a grandi e piccoli.
Leoni di carta: questione di criniera…
Visto che siamo in tema di leoni e leonesse, il libro ruggente di questo mese è un albo uscito da poco, Il re della foresta, di Attilio Cassinelli (in arte semplicemente Attilio), uscito da poco da Lapis.
In questa favola troviamo un leone e una leonessa che inizialmente non si distinguevano l’uno dall’altra: poco male, se non che, per concorrere alle elezioni del re della foresta, il leone ritiene che la somiglianza con la sua compagna sia un ostacolo alle sue ambizioni.
Si rivolge allo stregone per rimediare a questo inconveniente. Lo stregone le prova tutte, ma niente sembra andare bene per il leone… finché la sua saggia compagna non prova a indossare la criniera che lui aveva scartato. Che cosa succederà a questo punto?
Il re della foresta è un bel modo per riflettere sui ruoli e sulle differenze, su quanto contino le apparenze e le aspettative e, infine, sulla natura che fa comunque il suo corso ma… non voglio toglierti la sorpresa. Se ti capita, passa in libreria a dare un’occhiata!
Spero che questo secondo numero ti sia piaciuto! Per i tuoi commenti e suggerimenti, mandami un messaggio 🦁 Grazie!